Public Speaking

Come sopravvivere ai convegni

Nel precedente articolo ho sintetizzato brevemente alcuni aspetti relativi alla retorica e al carisma. In questo articolo mi focalizzerò su alcuni aspetti del public speaking all’interno di una tipologia di interventi: i convegni.

In questa tipologia l’interazione con la platea è limitata e i tempi sono ristretti.  Anche in questo caso si tratta di una semplificazione. Ai relatori esperti queste indicazioni potranno sembrare ovvie, ma lo scopo è quello di fornire alcuni suggerimenti pratici soprattutto a chi affronta questa esperienza per la prima volta.

Il primo aspetto da focalizzare è quello del ruolo dell’oratore: un esperto che condivide il palco con altri esperti o figure di riferimento. Spesso gli interventi sono decisi insieme a chi organizza o conduce il convegno e non è sempre possibile conoscere nel dettaglio i contributi degli altri relatori.

I punti di maggior criticità possono essere:

  • Autoreferenzialità
  • Materiale di supporto
  • Scarso coordinamento dei contributi
  • Tempi
  • Setting

Autoreferenzialità

La prima tentazione alla quale risulta necessario resistere è quella di voler dimostrare ai partecipanti quanto sappiamo di quell’argomento.

In generale è sempre un pessimo approccio per chiunque desideri parlare di fronte a una platea, ma è certamente più insidioso in queste circostanze.

Linguaggio eccessivamente tecnico, citazioni non funzionali, periodi costruiti con il solo obiettivo di dimostrare che si è in grado di coniugare più di un congiuntivo, sono sintomi precisi di questa tendenza.

A questo va aggiunto l’errore più frequente: la scarsa focalizzazione sull’argomento da trattare. Può infatti accadere che la platea rimanga delusa dallo scarso approfondimento della materia. Si crea una sorta di paradosso: il relatore tratta l’argomento in modo generico per dimostrare la propria competenza abbracciando più temi possibili, ma quello che percepiscono gli ascoltatori è esattamente il contrario.

Il protagonista  il pubblico. Chiedetevi: come posso essergli utile? Cosa può dare un valore aggiunto? Io sarei soddisfatto della partecipazione ad un convegno se…

Materiale di supporto 

Conoscere la materia ed essere esperti, non significa saperla trasmettere con efficacia.

E possibile quindi, soprattutto quando si stanno vivendo le prime esperienze di oratore pubblico, costruire il materiale di supporto come se fosse una coperta di Linus alla quale aggrapparsi.

Mi riferisco soprattutto alle slide. Quando le prepariamo, se le pensiamo come un contenitore del nostro discorso e non come supporto alle nostre argomentazioni, partiamo dal punto di vista sbagliato. Ecco allora che il numero delle slide diventa spropositato e che la loro funzione viene completamente disattesa.

Dopo tutta la fatica per prepararle, probabilmente ci affezioniamo alle nostre diapositive e le consideriamo tutte fondamentali. Eliminarle diventa a questo punto anche emotivamente complesso.

Alla fine rischiamo di essere utilizzati dalle slide, non di utilizzarle.

Alcune contengono un numero di parole imbarazzante, interi paragrafi di libri che sono in pratica impossibili da leggere. Altre possono contenere schemi che si diramano senza fine e che di schematico hanno solo il titolo. Altri con scarse competenze nell’uso di PowerPoint possono innamorarsi delle animazioni che vengono inserite senza una reale necessità. Calerò un velo pietoso sull’abuso dei colori: due bastano e avanzano.

E’ da evitare inoltre l’uso contemporaneo di colori saturi agli estremi dello spettro (es.: rosso-blu; giallo-porpora ecc) se non volete rendere complessa messa a fuoco e affaticare la vista dei partecipanti.

Quello che però è ancor più grave è leggere ad alta voce le diapositive che si proiettano, magari dando le spalle alla platea. Mai leggere le slide, la lettura  “a  mente” del pubblico è molto più veloce della lettura del relatore. Provate ad immaginare di leggere un libro e mentre lo state facendo, vi si avvicina qualcuno che lo legge ad alta voce. Se questo accadesse, non credo che ne sareste particolarmente felici.

Scarso coordinamento dei contributi

Il coordinamento dei contributi dei relatori non è mai banale.

Richiede un lavoro organizzativo importante e a volte qualcosa può andare storto. Abituatevi quindi a non darlo per scontato.

Il mio suggerimento è di ascoltare l’intervento degli altri relatori e di prendere brevi appunti. Sono sufficienti alcune parole chiave o brevi concetti. Citarli all’interno del vostro discorso darà un senso di continuità aumentando la percezione di coerenza di tutti gli interventi proposti. In questo modo aumenterete la percezione dell’autorevolezza di chi vi ha preceduto aumentando la vostra.

Se siete in disaccordo con le teorie presentate dagli altri esperti non mettete mai la platea nella sgradevole posizione di dover decidere a chi credere. Si creerebbe un paradosso decisamente sgradevole simile a quello di un bambino al quale viene chiesto se vuole più bene alla mamma o al papà. Argomentate le vostre tesi al meglio, ma “rispettate” anche chi ha proposto tesi diverse dalle vostre.

Tempi

La gestione del tempo è molto complessa anche per relatori esperti. Nel nostro Paese è raro assistere ad un convegno che rispetta le tempistiche degli interventi e spesso i moderatori si trovano a fare i salti mortali per arginare relatori logorroici.

E’ quello che io chiamo l’effetto karaoke. Ci sono persone che sono restie a prendere il microfono in mano, dopodiché diventa quasi impossibile strapparglielo.

Non cadete in questo errore! Prima del convegno provate almeno tre volte il vostro intervento: questo vi darà la misura di quanto potrebbe durare e contestualmente vi consentirà di imparare l’ordine delle vostre diapositive e di aumentare la vostra sicurezza espositiva.

Vi anticipo che questo aspetto è noioso, ma è necessario soprattutto se non siete relatori professionisti.

Dopo aver misurato il tempo di durata sottraete un paio di minuti: quando siamo nervosi o agitati parliamo più velocemente o rischiamo di dimenticare alcuni punti del discorso.

Ricordate che è molto meglio terminare cinque minuti prima che cinque minuti dopo. E’ sempre preferibile far sì che la platea abbia ancora voglia di ascoltarci.

Se non siete convinti di questo provate ad iniziare il vostro intervento dicendo: Sarò breve!! E godete dell’improvvisa espressione di terrore sul volto di tutti i partecipanti, moderatore compreso!

Setting

Gli elementi dei quali tratterò di seguito, in apparenza, non sono connessi con il public speaking, ma l’esperienza sul campo suggerisce di non trascurarli. Il primo argomento riguarda quelli che ho definito genericamente inconvenienti tecnici.

Inconvenienti tecnici

Quando ci si prepara ad un convegno è sempre meglio avere un piano B.

Preparate il vostro contributo utilizzando gli ausili che pensate possano esservi utili (ad esempio slide e video), ma allenatevi a farne a meno.

Ho assistito ad interventi imbarazzanti a causa di un malfunzionamento del PC. Oratori che passano il loro tempo a rimpiangere i loro preziosissimi video e le loro meravigliose slide, non sono gradevoli da ascoltare.

Se dovesse capitarvi una cosa del genere citate all’inizio ed in modo divertente l’inconveniente tecnico e procedete al vostro meglio. Essendovi preparati in anticipo non accadrà nulla di particolarmente imbarazzante.

Ulteriore suggerimento: portatevi due chiavette usb con il materiale salvato, a volte la tecnologia si ribella in modo creativo.

Tipo di location

Il tipo di location può suggerirci di impostare il nostro intervento in modi diversi.

Un  consiglio che desidero dare è: fate un sopralluogo nella sala dove si svolge l’incontro. Questo vi aiuterà a capire molte cose quali: se esiste un monitor e di che dimensioni, se esiste un supporto tecnico adeguato, se esiste un supporto service o personale addetto all’audio al video o ad un’eventuale regia, le dimensioni della sala e la distribuzione degli spazi e non ultimo se esiste un microfono e di che tipo.

Tutti questi elementi possono inficiare i nostri piani o suggerirci di condurre l’intervento in un modo tradizionale o più “innovativo”.

Gli spazi parlano, ma no sempre è possibile vederli in anticipo. Se non risulta possibile allora assicuratevi di fare tutte le domande utili al vostro referente, non siate timidi l’obiettivo di tutti è la miglior riuscita dell’evento. Fare domande precise comunica professionalità e non pedanteria. Di seguito alcuni esempi:

  • Quanti posti ha la sala e come sono distribuiti?
  • Esiste un palco rialzato? Di che tipo?
  • Esiste la possibilità di proiettare slide?
  • E’ presente un telecomando?
  • Esiste un pc da utilizzare e se si con quale software? (assicuratevi ad esempio che sia quello che avete usato per preparare il vostro materiale). N.B. se portate il vostro pc disabilitate le connessioni internet prima che appaia sul maxischermo una chiamata Skype.
  • L’impianto audio è collegato al pc? (questo se si desidera proiettare un filmato).
  • E’ previsto l’uso del microfono? Se si di quale tipo?

Il tipo di microfono non è un aspetto da sottovalutare.

Avere a che fare con un microfono fisso significa non poter lavorare con il corpo per dare maggiore enfasi alle nostre parole e quindi dovremo concentrarci quasi esclusivamente sulla nostra voce e sulle variazioni prosodiche per attirare l’attenzione.

Il classico microfono a gelato permette la possibilità di muoversi in sala, ma non è facile da utilizzare. Per gli oratori inesperti è quasi un calvario avere a che fare con questo strumento demoniaco. Gli errori si sprecano e vanno da una posizione inadeguata (eccessivamente vicina o eccessivamente lontana dalla bocca) ad una sorta di balletto che viene naturale fare con il braccio che regge il microfono. E’ complesso mantenerlo ad una distanza invariata mentre stiamo parlando, ma è necessario per evitare fastidiose distorsioni acustiche.

Se non siete abituati ad utilizzarlo allenatevi a casa utilizzando ad esempio un pennarello. Capirete immediatamente quanti movimenti fa il nostro braccio quando vogliamo dare enfasi agli argomenti che presentiamo.

Molto più semplici da gestire sono i microfoni a clip e gli archetti. Collegati al corpo, permettono la massima mobilità, ma richiedono un piccolo check prima di iniziare (occorre porli in modo corretto). Solitamente nei convegni dove sono previsti questi ausili è presente anche un tecnico audio che può darvi una mano. L’unica raccomandazione che desidero farvi è:  ricordatevi di spegnerli dopo l’intervento altrimenti possono accadere cose decisamente imbarazzanti.

Quante persone?

Un ultimo argomento riguarda il numero di persone presenti. Abbiamo fatto tutto come si deve, ma per qualche malaugurata ragione invece di avere di fronte 200 persone sono presenti solo 20 partecipanti.

A volte si può assistere anche a situazioni nelle quali sono più i relatori che gli ascoltatori.

Inutile dire che la tristezza e l’inesperienza potrebbero tirarci un brutto tiro.

Una platea di 200 persone richiede una gestione diversa da una platea di 20 o 7 persone, ma continuo ad assistere ad episodi nei quali il relatore sembra non tenerne conto. Se voi siete tristi, figuratevi come può sentirsi chi è in platea.  Come ogni imprevisto anche questo può costituire una grande opportunità.

Fate di questo episodio il vostro capolavoro. Un pubblico numericamente limitato aumenta la possibilità di approfondimenti e d’interazione, ma non se rimaniamo immobili e bloccati sul nostro piccolo podio.

Se avete esperienze d’aula, saprete come fare, in caso contrario vi può aiutare esplicitare una premessa: “approfittiamo di questa occasione per discutere di questo argomento in modo più informale, magari facendo uscire quei dubbi e quelle perplessità che normalmente vengono taciuti”.

Iniziate immediatamente a coinvolgere il pubblico, magari anticipando quelle domande alle quali sapete dare un’ottima risposta.

Non interrogateli e non forzateli se non volete vedere la tipica espressione da “speriamo che non mi interroghi!”. Se le persone si sentiranno a proprio agio l’interazione sarà garantita.

Per raggiungere questo obiettivo ricordate di avvicinarvi alla platea e di guardare (non fissare) chi vi sta ascoltando. La vostra delusione non deve e non può emergere, il contagio emotivo potrebbe essere devastante.  Ricordatevi cosa dicono i nostri colleghi anglosassoni (I like you!; I am like you!) ripetetevi questo piccolo mantra prima di iniziare: voi mi piacete e io sono come voi, la vostra espressione seguirà la vostra mente e tutto diventerà molto più gradevole da ascoltare.

Se desiderate avere alcuni ottimi esempi pratici vi consiglio visitare il sito https://www.ted.com/

In bocca al lupo!